Onorevoli Colleghi! - La presente proposta di legge intende ottemperare al più importante principio sancito dalla nostra Costituzione che garantisce, all'articolo 3, la pari dignità sociale a tutti i cittadini. In particolare, essa mira a far compiere al nostro apparato legislativo un deciso passo avanti verso la realizzazione di un miglioramento della qualità della vita per i congiunti delle persone totalmente invalide e non autosufficienti, soddisfacendo, contemporaneamente, una delle esigenze fondamentali di ogni uomo, ovvero il diritto al lavoro. La presente proposta di legge tende, infatti, a sanare la tragica situazione di quei nuclei familiari che possono essere visti come una delle massime espressioni del soggetto debole nella nostra società, quelli, cioè, ove a gravi problematiche di handicap si associano una carenza di valida e stabile occupazione per il capo famiglia.
      Dati divulgati dall'ISTAT indicano la presenza in Italia di quasi tre milioni di disabili gravi, di cui 700.000 colpiti dal morbo di Alzheimer e 350.000 immobilizzati in un letto, di cui solo 100.000 attualmente assistiti dalle istituzioni. Tra i ragazzi che frequentano la scuola dell'obbligo uno su settanta è affetto da handicap psichico o multiplo e uno su centoquaranta presenta una disabilità mentale grave come l'autismo.
      Spesso la tematica dell'invalidità ha ottenuto la ribalta della cronaca e, purtroppo, come è risaputo, ciò non è avvenuto per sottolineare dei miglioramenti nella vita dei componenti di questa categoria,

 

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bensì per evidenziare le prevaricazioni da essi subite sia nel campo delle assunzioni lavorative sia in quello dell'assistenza: è necessario, quindi, tutelare gli interessi dei soggetti totalmente invalidi, anche favorendo l'inserimento lavorativo di coloro che ne costituiscono l'unico sostentamento economico, qualora questi siano privi di una stabile e sicura occupazione.
      Bisogna sottolineare, in linea generale, che il codice civile e la legge quadro sull'handicap (legge 5 febbraio 1992, n. 104) non forniscono gli strumenti funzionali all'obiettivo che ci si propone in questo frangente: si manifestano infatti, tuttora, carenze sia sul piano degli istituti giuridici sia su quello della tutela di coloro che sostengono economicamente gli invalidi totali.
      L'esigenza di colmare tale vuoto normativo è pressante innanzitutto per una motivazione di ordine prettamente economico: va infatti agevolata la capacità di risposta autonoma ai propri bisogni da parte del nucleo familiare che assiste una persona totalmente invalida, ricercando strumenti legislativi che non possiedano carattere esclusivamente assistenziale. Attuare una strategia che tenda a incentivare l'autonomia finanziaria della famiglia risulta, quindi, fortemente innovativo.
      In secondo luogo, il presente provvedimento trova le sue radici anche in una motivazione di carattere psicologico: siamo infatti convinti che il soggetto che si fa carico di un invalido non autosufficiente sostenga una pressione emotiva che può essere controllata anche con un soddisfacimento del bisogno di relazioni sociali di cui il lavoro può essere fattore primario di realizzazione. Per favorire l'inserimento lavorativo del familiare dell'invalido totale non autosufficiente privo di stabile e sicura occupazione, si è pensato di introdurre una norma che garantisca al soggetto in questione un'assegnazione prioritaria nelle graduatorie della pubblica amministrazione per le quali possieda i requisiti d'accesso. In questo modo si è cercato di coniugare il soddisfacimento di una vitale necessità con un'impostazione autenticamente liberale, aiutando la famiglia ad incentivare l'autonomia delle proprie risorse e contribuendo, altresì, al mantenimento del soggetto non autosufficiente all'interno del proprio nucleo familiare.
 

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